Artisti e opere

Gerald Moroder

Come si fa a non pensare al legno? Un giovane, oltre i quaranta, che matura artisticamente in quelle pendici splendide della Val Gardena che ha il coraggio di non usare il legno. Gerald Moroder cresce in quel luogo incantato ma è figlio di una cultura nuova, neofita contemporaneo, che osa, sperimenta, muta. La materia scelta dall’artista è composta e plasmata dalle sue mani, è il medium attraverso il quale esprime il suo sentire. La sua montagna è in quelle paste inedite fatte di pietra, di terra, di sabbia, di ferro… Il passaggio fondamentale tra la “convenienza” di un elemento naturale precostituito in attesa di lavorazione, come il legno, e la “ricercatezza” di un preparato unico, autentico, originale. Seppur da sempre ciò che è e ciò che appare sono in dissonanza, la scultura di Moroder si afferma per il suo essere.

È presenza e assenza.

È luce e ombra.

È materia e anima.

È movimento e stasi.

È dentro e fuori.

“Solo la luce che uno accende a se stesso risplende in seguito per gli altri” scriveva Schopenhauer.

Moroder fa suo questo sentimento di purificazione e di elevazione dell’Io. L’essere umano si fa esile, sottile e perde i connotati propri dell’espressione facciale. L’identità univoca diventa secondaria, inutile. La ricerca di Moroder conduce all’universale passando per l’individuale, ottenendo da subito un dialogo diretto e una vicinanza con l’interlocutore. Nelle sculture di Moroder ci sono i primitivi, gli antichi, gli Etruschi, ci sono milioni di stratificazioni di immagini che corrono nei nostri occhi, influenzati o meno da culture differenti, ci sono i grandi contemporanei che hanno segnato lo sviluppo della storia dell’arte in maniera indelebile fissando dei punti di svolta nella figurazione. Non può un artista diventare orfano e privarsi di tutto questo trascorso. Moroder è figlio del suo tempo e nel suo tempo è in grado di produrre immagini nuove, straordinariamente distanti da un “prima” antico o da un passato prossimo. Stupendo il paragone con Giacometti, raffronto immediato di un occhio “popolare”, ma altrettanto distante il lavoro compiuto. La cifra stilistica della scultura di Moroder è graffiante, vibrante, elastica e si sviluppa in una, due, tre dimensioni. Il grande Giacometti lasciamolo dietro di noi - con tutto quello che ha saputo donare - e guardiamo oltre. Gli esseri plasmati da Moroder sono sospesi in un tempo e uno spazio indefiniti, godono di un’eternità provvisoria alla quale l’umano tende. Sono figli di una Madre Terra comune che li ha generati, fatti di Anima e Corpo. Sono esseri erranti, vagano alla ricerca di quell’Essenza delle cose tanto ambita da chi è ricco di spirito. La scelta (a mio avviso ardita) di una figurazione classica in un’epoca che ha visto sparire e riapparire più volte la figura umana - seppur mantenendo l’uomo al centro di ogni riflessione, anche trasposta in termini astratti - è coraggiosa e vincente. L’uomo e la donna di oggi si rispecchiano nelle sculture di Moroder: bellezza, bruttezza, instabilità ed equilibrio. Essere o non essere. Orgoglio e volontà. Il suo lavoro non è solo contemporaneo, non è solo esteticamente appagante, non è fine a se stesso. Moroder riesce  con estrema abilità a comunicare con ognuno di noi, ad entrare in confidenza col nostro sentire e ad accompagnarci altrove, conducendoci in qualcosa di più bello di più alto. Eleva lo spirito, oltre che l’occhio.

Laura Orlandi

Moroder plasma l’unicità delle sue inconfondibili creazioni con personali e ricercati impasti, in un continuo meraviglioso e accattivante crescendo di eleganza artistica, di connubio poetico di perfetta anatomia e romantiche posture, modellato nella più alta classicità del mondo dell’arte contemporanea. Un vero piacere per il gallerista poter convivere con tanta sublime bellezza e diffonderla nelle dimore come seme di rara cultura.

Alberto Lavit

 

 

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