Toni Alfano è nato a Milano nel 1977, vive e lavora a Casole d’Elsa, Siena.
Dopo gli studi in graphic design lavora come pubblicitario e si dedica alla pittura.
Nel 2006 si avvicina ad Art Brut, influenzato dal lavoro di Jean Dubuffet e dai fenomeni artistici spontanei nati dal disagio e dall’isolamento. Da questa esperienza nasce l’interesse per le arti nel rapporto terapeutico: crea percorsi espressivi per persone con sindrome di Alzheimer e percorsi di stimolazione multisensoriale con persone in stato vegetativo e di minima coscienza.
Nel 2014 pubblica il romanzo grafico POMPEI che narra la ricerca di sè attraverso i codici espressivi e i processi creativi dell’arte.
La sua è una ricerca pittorica introspettiva rivolta all’esplorazione della profondità dell’animo umano e della vastità della fenomenologia naturale. La sua poetica, intrisa di aspetti arcaici, onirici e sonori, da sempre trova espressione in una sperimentazione pittorica autentica e varia.
I dipinti sono realizzati su telaio di legno e cartone, ricoperto da un sottile strato di cemento. Una lenta stratificazione della pittura a tempera bianca/colorata ricrea l’effetto di una parete ipoteticamente ridipinta per decenni. Le figure sono fatte con carboncino e velature di bitume. L’ultimo processo è quello del Descialbo: antica tecnica di restauro che letteralmente significa “strappare via”, rimuovere lo strato di vernice dall’intonaco con un martello, spatola o bisturi.
La distruzione parziale e la rottura della superficie esprimono l’azione del tempo e dei fenomeni atmosferici, nonché la perdita e costante ridefinizione della propria identità.
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Phenomenologies è una stanza del passato, che emerge dalla lettura e dalla riscoperta di depositi scavati e ricercati con la stessa precisione certosina dell’archeologo: ne è impressa, sul telaio di legno ricoperto dal profumo di calce di cemento, l’effigie velata di una figura, proveniente dal mare ignoto delle reminiscenze, definita dal tratto oscuro del carboncino e dalla patina ambrata del bitume. Alfano afferma e nega la propria identità con l’ultimo gesto di distruzione dell’esteriorità, nella speranza di riscoprire l’io disseminato in una alienata coscienza, fissando luoghi, movimenti, spazi, intervalli di anime sospese.